giovedì 16 settembre 2010

Per il divieto di Burqa - lettera aperta a Raciti

Carissimo Fausto,
 innanzitutto voglio ringraziare te e tutto l’esecutivo nazionale per il difficile lavoro che state svolgendo  di radicamento dell’organizzazione giovanile e del più ancora faticoso percorso intrapreso  di elaborazione ed iniziativa politica sui grandi temi che stanno a cuore alle giovani generazioni italiane. Abbiamo tanto da dire sui diritti cancellati per migliaia di studenti e studentesse della scuola, sul precariato che strozza le speranze di milioni di giovani, su un modello universitario diventato ormai elitario e classista, su un mondo del lavoro che dopo essere diventato prima  flessibile e poi precario ora vuole diventare anche molliccio sul tema dei diritti compreso quello di sciopero e quello di tutela della salute del lavoratore, su una società che ha espulso le giovani generazioni dalla politica, dall’economia e dalla cultura preferendo ai capaci e meritevoli i figli delle corporazioni e delle lobby. Abbiamo tanto da dire e lo stiamo dicendo innanzitutto al paese ai giovani italiani. Ma c’è una questione aperta che può sembrare secondaria ed invece racchiude tanti aspetti e significati che interessano il modello di società che immaginiamo e che pertanto andrà a connotare il modello di forza progressista e riformista a cui aspiriamo: sto parlando della proposta di introdurre  il divieto di indossare il burqa anche nel nostro paese. Mi rendo conto che la questione è assai spinosa ma penso che non per questo non vada affrontata. La prima obiezione che si fa a questa proposta è quella di ledere la libertà personale. Questa obiezione è fondata ma solo nel caso in cui sia la donna liberamente a scegliere di indossare il burqa. Molto spesso non è così e sarebbe comunque difficile fare confessare ad una donna sotto costrizione familiare di essere stata coartata a tenere quel comportamento. Ma a ben vedere anche nell’ipotesi (minoritaria) della libera scelta noi non possiamo nasconderci dietro il paravento del neminem ledere o peggio del relativismo morale. Prima di passare ad un’analisi dei motivi che mi inducono ad essere favorevole ad un divieto ex lege del burqa mi preme sottolineare che il burqa non è una prescrizione della religione islamica e non è imposto da alcuna legge divina ma è frutto di una secolarizzazione di norme di condotta liberamente estratte  dal Corano in alcune parti del mondo e pertanto appartiene ad una tradizione popolare di una piccola parte della comunità dei fedeli musulmani. Del resto anche nell’occidente alcuni costumi sociali e morali erano ricondotti a libere interpretazione di precetti biblici ed ora sono superati proprio perché con la religione non avevano nulla a che fare.  Detto questo sono favorevole all’introduzione di un divieto legislativo perché esso è frutto delle lotte e delle conquiste della sinistra italiana. In Italia abbiamo lottato negli anni contro falsi miti e fallaci tradizioni che ponevano la donna quale creatura da immolare all’altare del più becero patriarcato. Tante donne nel nostro paese hanno lottato contro la morale comune e i benpensanti per affermare un’idea di libertà e di uguaglianza. Il burqa in Italia c’è stato e lo si trovava nelle norme di diritto penale che punivano l’adultera e non l'adultero con la galera o nelle norme del diritto familiare ante riforma in cui ogni diritto era del padre. Ebbene quella liberazione ed emancipazione è ascrivibile alla storia del riformismo italiano e soprattutto alla storia personale e collettiva delle donne che hanno lottato e combattuto contro quella discriminazione. Capisco benissimo che si rischia di legiferare nel campo della morale con tutti i rischi che ciò comporterebbe a cominciare dall’affermazione di Verità etiche. Ma non penso sia questo il caso.  Il burqa non è una scelta etica ma è frutto di secoli di oppressione subite dalle donne ed in tal senso è una non-scelta.  Inoltre in democrazia il concetto di libertà personale deve essere sempre ispirato dai principi di libertà, democrazia ed uguaglianza. Non possiamo accettare un concetto di libertà minimo per cui ciò che non fa male agli altri è consentito, ma dobbiamo ricercarne il compimento nella pratica di quei principi fondamentali che ispirano la nostra società e che sono custoditi nella nostra costituzione. Non si tratta cioè dell’imposizione di una visione morale o religiosa ma del l’affermazione dei principi giuridici di libertà e uguaglianza.  In una società liberale dobbiamo garantire la libertà quale bene supremo ed intangibile ma non possiamo consentire alla libertà di smarrirsi. Così come il limite invalicabile della democrazia è quello di non consentire, anche se ci fosse un voto popolare a favore, la regressione in oligarchia e tirannia così il limite  invalicabile della libertà personale è quello di non consentirne la regressione nella sudditanza o peggio ancora la perdita. Queste ritengo essere le implicazioni anche di carattere politico che pone questo tema: l’affermazione di una visione universale dei diritti, la costruzione di un partito che ha nel valori laici della libertà, della democrazia,dell’ uguaglianza il suo fondamento assoluto, la visione di voler riformare la società e di avere il coraggio anche di condannare e bandire usi e costumi che offendono la dignità dell’uomo o della donna anche quando sono frutto di tradizioni millenarie. La difesa dei diritti inalienabili dell’uomo viene prima di tutto  e non può ammettere deroghe. Indossare il burqa significa prima ancora che offendere la libertà delle donne, rinunciare alla propria ed è questo il punto su cui a mio avviso dobbiamo batterci . Non possiamo permettere una rinuncia totale alla vita sociale e di relazione e alla possibilità di esprimere la propria personalità. Come vedi non ho tirato fuori motivazioni morali o religiose ma semplicemente mi sono richiamato ai nostri valori. Mi chiedo e ti chiedo infine se la nostra organizzazione è pronta ad aprire un grande dibattito su questo tema e se, qualora emerga dal dibattito e dalla volontà di tutti noi, a lanciare una petizione nazionale per introdurre anche da noi il divieto di indossare il burqa.
Io mi auguro di si.

Luigi Guglielmelli - Segretario GD Calabria

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